una serata particolare con l'Abruzzo nel cuore
- Flaminia
- 8 mar 2017
- Tempo di lettura: 7 min
L'idea è nata da un'amica abruzzese.
Tanto colpita dalle recenti avversità della sua terra da farle sanguinare il cuore.
"Flaminia appena mi riprendo da questo shock voglio fare qualcosa per questa tragedia" così mi disse qualche tempo fa. Così è nata la sua proposta.
Una serata per celebrar l'Abruzzo nei suoi prodotti autoctoni. Un piccolo contributo per risollevare una economia allo stremo.
Una semplice riunione di amici, ma tutta incentrata sull'Abruzzo. Su questo territorio duro, che affonda le sue radici in un'economia di pastori e contadini, ancora viva non più tanto nelle abitudine, ma certamente nei sapori e nei profumi dei suoi prodotti.
Attori principali: la polenta, i cereali, i legumi, i formaggi e gli antichi salumi che si affiancano agli oli extravergine, vini e amari, fiore all'occhiello di questa regione.

A poco a poco si andava facendo la spesa e formato il menù.
"Flami ho ordinato i formaggi e le ricotte. Il pane arriva giovedì da San Gregorio e i Parrozzetti li porta Gianni insieme all'olio."
"Ho preso anche lo zafferano, mi raccomando, quello in pistilli dell'Aquila, che va prima messo a bagno in acqua calda, mica le bustine del supermercato! Che ci facciamo con i fagioli Flami? Pensaci tu."
"Gli amici non vedono l'ora. Aspettiamo tutti con ansia questa serata"
Queste le chat della preparazione. e finalmente il giorno prima ecco arrivare il prezioso carico con i pregiati ingredienti che avevamo a disposizione : lo zafferano dell'Aquila, la farina di grano duro Saragolla e di mais macinate a pietra, antichi legumi (tra cui spiccava il fagiolo tondino del Tavo), ricotte, pecorini e salumi artigianali che solo i profumi già appagavano il palato. E naturalmente il Trebbiano e il Montepulciano d'Abruzzo e l'olio extravergine della contrada di Loreto Aprutino. A degna conclusione i dolci il Parrozzo, la Genziana e la Ratafia.

ecco un po' di storia dei principali prodotti per rendervi conto...
Fagiolo Tondino del Tavo
La zona storica di produzione sono le vallate del fiume Tavo, in Abruzzo, nel comprensorio delimitato dai comuni: Farindola, Penne, Loreto Aprutino, Collecorvino, Moscufo e Cappelle Sul Tavo. La produzione è di circa 100 quintali.
La sua storia:
la leggenda vuole che sia stato portato nella valle dai cavalieri Templari nel XIII secolo, ma purtroppo la difficoltà della coltivazione, che comporta molto manodopera e rese basse, e lo rendono commercialmente poco interessante, ne avevano messo a rischio la sopravvivenza.
E’ stata la passione e la volontà di Domenico Speranza a far sì che si potesse ritrovare questo tesoro smarrito. Lui stesso racconta come: «Sono andato in Germania nel 1958, a 16 anni, ma prima di partire venni a scoprire per caso dell’esistenza di questo fagiolo particolare e ne rimasi colpito a tal punto che, non appena di ritorno a Loreto Aprutino, mi misi a cercarlo. I contadini della zona mi risposero che non si coltivava più in quanto era un fagiolo tardivo che necessitava di un fabbisogno idrico piuttosto elevato e, per questo, era possibile farlo solo tra le sponde del fiume. Nonostante l’innovazione della diga di Penne che rese possibile la sua semina anche in altre zone più interne, col tempo era stato sostituito da un suo simile, il borlotto, più economico e dalla crescita rapida. Feci una lunga ricerca tra tutti i contadini della vallata del Tavo e riuscii a trovare alcuni semi conservati dalle famiglie per uso personale; tra questi feci un’analisi accurata, esperimenti e prove e alla fine della cernita sono riuscito ad isolare il seme migliore. Infine lo feci piantare e iniziai ad utilizzarlo come specialità nel mio ristorante. Per il rilancio sul mercato, però, era necessario assegnargli un nome: inizialmente, nella mia zona, veniva chiamato “fasciule a busciell” (letteralmente: fagiolo a pisello), in quanto piccolo e tondo come i piselli, ma il nome vero e proprio sorse quando mi recai alla Camera di Commercio di Pescara per la sua registrazione. A seguito di una serie di domande dell’addetto e del suo giocherellarci come se fosse una pallina, scegliemmo il nome di Tondino del Tavo». (tratto da http://www.pescaranews.net/notizie/gusto/7041/il-tondino-del-tavo-il-fagiolo-magico-dabruzzo)
Farina di grano duro Saragolla
Il Saragolla è un'antica varietà di grano duro Khorasan e si può considerare il capostipite degli odierni grani duri. Fu introdotto in Abruzzo nel 400 d.c. da antiche popolazioni provenienti dall'Egitto. La denominazione è di origine bulgara (sarga - giallo e golyo- seme). Dalla sua micinazione si ottiene uno sfarinato profumato e gradevole nel sapore e nel colore. Ottimo per la preparazione di pasta e pane a lievitazione naturale.
Zafferano dell'Aquila
Non ha bisogno di presentazione, perchè rinomato anche all'estero. questa spezia antica che si ricava da un bellissimo fiore: 3 pistilli per ogni fiore. Preziosa come l'oro di cui ha il colore, viene ancora raccolta rigorosamente a mano.

Ventricina teramana
Non è un caso che la Ventricina sia tipica dell’Abruzzo e del Molise, che sono tra le regioni italiane con il più alto numero di salumi artigianali, prodotti ancora oggi secondo le tecniche tradizionali. Lo stesso nome rimanda al “ventre” (lo stomaco del maiale), anticamente utilizzato per insaccare le parti del suino.
Il maiale ritenuto simbolo di abbondanza, allevato in ambienti casalinghi e ucciso nei giorni più freddi dell’anno.
Il prelibato salume è unito intimamente al mondo contadino che ne conserva le conoscenze sia nei metodi di allevamento e di uccisione del maiale, che di stagionatura e preparazione dell’insaccato.
La Ventricina di Teramo, viene prodotta con una percentuale di grasso che oscilla tra il 60 e il 70% e si differenzia dalle altre anche per l’impasto che comprende, oltre al sale, al pepe anche peperoncino tritato, buccia d’arancia, pasta di peperone, semi di finocchio e rosmarino. La Ventricina di Teramo può essere insaccata nel budello o nello stomaco del maiale ma la sua particolarità è la “forma” finale, che dipende dal periodo di stagionatura, infatti il salume teramano si consuma già poche settimane dopo la preparazione, nella gustosa versione spalmabile conservata nei barattoli di vetro, in sostituzione all’involucro animale.
ricotte, pecorini e salumi

il pluripremiato olio extravergine dell'Azienda agricola Forcella nei cultivar: Intosso Dritta e Leccino a comporre le diverse etichette
momento focale della serata è stata la degustazione dell'olio, guidata da Gianni Iannetti, patron dell'azienda agricola che da generazioni produce l'olio Forcella. Azienda che, grazie alla cura sua e della moglie Chiara, ha ottenuto grande prestigio nel panorama dell'olio extravergine. Già da diversi anni infatti sono presenti con prestigiosi riconoscimenti nelle più rinomate guide di settore: da Flos Olei di Marco Oreggia a Gambero rosso "oli d'Italia".

- il Trebbiano e Montepulciano d'Abruzzo della cantina Contesa
- il Parrozzo (da Elisabetta Mancinelli abruzzo24h)
Il Parrozzo nasce ed affonda le sue origini nella società agricola. Era un antico pane delle mense contadine che, i pastori abruzzesi ricavavano dalla meno pregiata farina di mais, veniva poi cotto nel forno a legna.
Il Parrozzo fu ideato e preparato per la prima volta nel 1919 da Luigi D’Amico amico di D’Annunzio, il quale volle dare forma d’arte ad una trasposizione dolciaria di un’antica ricetta abruzzese fatta col latte delle greggi profumato di timo e di menta insieme alle mandorle della montagna: un pane rustico detto “Pan rozzo” : pagnotta semisferica che veniva preparata dai contadini con il granoturco e destinata ad essere conservata per molti giorni. D’Amico , ispirato dalle forme e dai colori di questo pane e facendo rimanere la forma inalterata, aveva riprodotto il giallo del granturco con quello delle uova e aveva adoperato una copertura di finissimo cioccolato per imitare lo scuro delle bruciacchiature caratteristiche della cottura nel forno a legna. La prima persona alla quale Luigi D’Amico fece assaggiare il Parrozzo fu Gabriele d'Annunzio. glielo inviò a Gardone, il 27 settembre unitamente ad una lettera
“Illustre Maestro questo Parrozzo – il Pan rozzo d’Abruzzo – vi viene da me offerto con un piccolo nome legato alla vostra e alla mia giovinezza”.
Il dolce trovò ampio consenso da parte del poeta che, dopo averlo assaggiato, scrisse a D’Amico questo sonetto dialettale in sua lode.
“È tante ‘bbone stu parrozze nov e che pare na pazzie de San Ciattè, c’avesse messe a su gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, la terre grasse e lustre che se coce e che dovente a poche a poche chiù doce de qualunque cosa doce . Benedette D’Amiche e San Ciattè …”
Sulla scatola, a memento a ricordare le nobili origini del Parrozzo letterario, compaiono i versi scritti dal poeta pescarese: “Dice Dante che là da Tagliacozzo,/ ove senz’arme visse il vecchio Alardo,/ Curradino avrie vinto quel leccardo/ se abbuto avesse usbergo di Parrozzo”. Correva l’anno 1927.

e per chiudere Genziana e Ratafià amari e liquori dolci che hanno storie antiche, le cui ricette hanno antenati illustri già nel Medioevo dove venivano prodotti da monaci e speziali per ricavare estratti dalle piante medicinali. Fanno parte della tradizione abruzzese tanto che ancora oggi vengono prodotti in molte case con ricette familiari che si tramandano di generazione in generazione.
ecco una delle ricette degustate durante la serata
Zuppa di Fagiolo tondino del Tavo

fagiolo tondino 400 g
(se non disponibile sostituire con fagiolo cannellino)
cipolla bionda 1/2
sedano 1/2 costa
carota 1
alloro 1 foglia
per la vellutata di zucca:
zucca 500 g
cipolla !/2
olio evo e sala q.b.
Mettere a bagno i fagioli per 12 h. Lessarli con gli aromi e tenere da parte. Intanto in un ampio tegame dorare la cipolla a fette e aggiungere la zucca tagliata a pezzi, unire un po' di acqua, coprire e lasciar cuocere fino a che la zucca non sia tenera. Frullare con un frullatore ad immersione fino ad ottenere una crema. Unire i fagioli scolati dal proprio brodo. Regolare la densità della zuppa a piacere unendo ancora un po' di brodo dei fagioli.
note: Piccolo e tondo come un pisello ma di un candido colore perlescente, dotato di proprietà nutrizionali elevate, con una buccia sottilissima che ne consente una cottura più rapida ed una facile digestione senza causare la tipica flatulenza. Con l’aumento dei contadini dediti alla sua coltura è nato un Consorzio che li riunisce e ne riconosce l’attività esclusiva.
Grazie a Titti per l'idea, l'anima e l'impegno per la serata e a tutti gli amici per la partecipazione.
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