Gli gnocchi, il cavalier, l'arme, il convento... (III parte)
- Flaminia
- 17 feb 2017
- Tempo di lettura: 5 min
Segue da Chiara dal blog chicchedikika
Si risvegliò intontito e la mano corse subito alla cintola, alla ricerca del pacchetto prezioso. Sparito, neanche a dirlo.
A stento si sollevò da terra e risalì a cavallo. Le nubi si erano diradate e nel cielo ora spuntava la luna che lo guidò fedele fino alle porte del convento. “Ai frati” diceva la targa sulle pesanti mura della costruzione che si trovò dinanzi. E solo allora, capì di essere arrivato

Sotto l'arco a tutto sesto del salone d'ingresso c'era il priore. Si sentì rincuorato, il suo arrivo era atteso. L'anziano frate lo guidò attraverso i freddi corridoi fino al refettorio , dove il resto dei confratelli stava consumando la cena, in silenzio. Il ristoro non tardò ad arrivare sotto forma di un letto caldo, una tisana rinvigorente e un camino acceso nella sua stanza. Ma non fu facile addormentarsi e rimandare all'indomani il pesante cruccio che aveva nel cuore.


La luce del mattino offrì ai suoi occhi lo spettacolo indimenticabile delle valli garfagnine, nella luce lattiginosa dell’aurora. Il bosco, che nel fitto buio della notte precedente era sembrato così ostile, ora si colorava della calda tavolozza dei colori dell’autunno. I raggi del sole cedevano il passo alle nubi, tingendo il paesaggio di toni soffusi, in un’atmosfera sospesa. Incapace di resistere oltre, il cavaliere scese nel cortile, il fruscio delle foglie sotto i suoi piedi ad interrompere il silenzio che lo circondava. Si addentrò nella foresta, fino al luogo dell’agguato e fu allora che le vide: orme confuse, di scarpe pesanti, unico indizio dell’identità del suo assalitore che, a tratti, spuntavano di nuovo sul sentiero, dritte dritte fino al convento.
Era tempo di rientrare e di confessare al priore che la sua missione era fallita. Un saluto al suo cavallo, al riparo nelle stalle sul retro, una boccata di aria fresca, pungente, cristallina e poi di nuovo al tepore del refettorio, a gustare il sapore genuino delle marmellate, spalmate sul pane di castagne appena sfornato.
La legna scoppiettava nel camino, mentre la voce pacata del priore raccontava la storia del paesaggio che li circondava, dell’antichità dei frutti, della vetustà delle piante e, di nuovo, della ricchezza dei semi, ben 150, che gli agricoltori del luogo si erano impegnati a conservare, con un mutuo giuramento che li legava per sempre, l’uno all’altro. “Laggiù”, disse il priore, indicando lontano, con un cenno del mento. “Laggiù nella Piana, li troverai tutti: semi di meli, di peri, di ciliegi, di susini, di fichi... sono loro la nostra risorsa, sono loro la nostra vita”.


vivaio forestale la piana


“Padre, io ...” esordi risolutamente il cavaliere.
Ma il priore lo fermò, con l’autorevolezza di uno sguardo uso a comandare.
“Lui è qui. Il tuo tesoro è qui. Trovalo e tornerà in buone mani”.... prosegue da Chiara e Marta Calugi del blog la cucina spontanea qui
Ma prendiamoci una pausa dalle avventure del nostro cavaliere.
Vorrei farvi conoscere il progetto che scaturisce dall' esperienza che la comunità dell’ Mtchallenge ha vissuto in un bellissimo tour della Garfagnana (raccontato da Annalena in questo post, ) a cui si è legato un workshop sugli gnocchi, la fotografia e la scrittura creativa. Tra un'ottima mangiata e l'altra, c'è stato il tempo di conoscere, oltre alle mille varianti degli gnocchi, questa terra generosa, ricca di storia e di cultura gastronomica, che ci ha stregato.
Dalle conoscenze acquisite nel viaggio, e dagli incontri con le realtà locali, prende spunto questa ricetta, che celebra una delle numerose specie di fagioli autoctoni della Garfagnana.
Hanno nomi medievali questi fagioli antichi: Mascherino, Soldi del Papa, Turco grigio, fagiolo del Gustan, Bagarone, Occhiello chiaro, Pievarino. Fagioli rari, a rischio di estinzione, che vengono salvati grazie all'impegno degli agricoltori custodi nel progetto portato avanti dal Centro forestale Le Piane, in cui ogni anno i semi vengono seminati al fine di produrre nuove sementi per gli anni successivi.
Tra questi fagioli, incontriamo in particolare il Giallorino, un fagiolo piccolo e tenero, tipico della Garfagnana che si sposa con il farro in questa appetitosa zuppa.

ma conosciamolo meglio: Il Giallorino della Garfagnana

La varietà è di origine sconosciuta, anche se è diffusa in coltivazione da tempi remoti in tutta la Garfagnana. Il nome "Giallorino", deriva dal tipico colore giallo del seme. La pianta presenta un accrescimento determinato e un portamento nano o semi-eretto a forma di cespuglio e può raggiungere un'altezza di 40-50 cm, con foglie di colore verde chiaro molto ricche di peli. Il baccello è medio-piccolo e di colore giallo, mentre i semi, di color camoscio con venature rossastre presentano un occhio ben marcato. Il seme viene selezionato alla raccolta dai produttori e conservato per l’anno successivo. Il terreno viene preparato facendo concimazioni di fondo e il seme viene messo a dimora in aprile, normalmente seminato in abbinamento al formentone (mais a 8 file tipico della zona), sulle stesse file.
La tradizionalità del prodotto è dovuta alla cultivar di origine locale responsabile del suo particolare sapore. Come tutti i fagioli, era uno dei componenti principali nell'alimentazione delle popolazioni locali, ed era presente in molte preparazioni: dai primi, quali minestre (minestrella di Gallicano) e minestra di farro, ai contorni con cotechino o baccalà. Abbinamento particolare con le "focacce leve", preparazione tipica del comune di Gallicano. Questa varietà è inserita nell'elenco per la tutela e la valorizzazione delle razze e varietà locali (L.R. N°64/04). La produzione è a rischio. Viene prodotto infatti da un'unica azienda con una produzione media è di 2-3 quintali all’anno; questa modesta quantità è dovuta alla poca semente disponibile che non permette di produrre questo fagiolo con continuità. Gran parte del prodotto è venduto direttamente in azienda, il restante è immesso al commercio in ambito - ahinoi - strettamente regionale.
(liberamente tratto da ARSIA regione Toscana)
Zuppa di farro e fagiolo Giallorino

Ingredienti:
Farro della Garfagnana 100 g
Fagioli secchi qualità Giallorino 200 g
1 Patata
Salvia e Rosmarino
1 fetta di lardo di colonnata
Acqua
Scalogno
Olio extravergine d’oliva sale e pepe
Pane bruscato
Mettere a bagno i fagioli per almeno per 6 ore. Tagliare a velo lo scalogno e rosolarlo in poco olio evo con un battuto di lardo senza fargli prendere colore. Aggiungere la patata tagliata a cubetti e i fagioli scolati dalla loro acqua, avendo cura di conservare detta acqua per dopo. Aggiungere acqua fino a coprire i fagioli, unire 2 foglie di salvia e un rametto di rosmarino, e far cuocere per circa 30 minuti. Trascorso questo tempo in una casseruola separata, far tostare in poco olio evo il farro già sciacquato in acqua fredda. Aggiungere l'acqua in cui erano stati a bagno i fagioli e far cuocere il farro per circa 35 minuti, aggiungendo via via altra acqua calda se necessario, come per la cottura di un risotto. Quando il farro sarà quasi pronto unirlo ai fagioli, avendo cura di rompere con una forchetta la patata ormai disfatta o, volendo creare una zuppa più corposa, passando circa 1/3 dei fagioli. Lasciare cuocere ancora qualche minuto in modo da amalgamare bene i profumi, eliminare le erbe e condire a piacere con olio a crudo e pepe a mulinello.
Far riposare la zuppa qualche minuto prima di gustarla. Servire con crostoni di pane bruscato su cui si è strofinato un po' di aglio e olio.
La cottura veloce e la buccia sottile rendono questo fagiolo particolarmente apprezzabile nelle minestre.
hanno partecipato al progetto Workshop Gnocchi MTChallenge:
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parte 1 . Giuliana Fabris con la ricetta Passatelli di ceci, crema di broccoletti, pancetta e pane nero
parte 3. Flaminia Luccarelli
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